Avete scelto l’approfondimento sulle tipologie di tè! In realtà, più che un approfondimento, si tratterà di una breve introduzione sulle maggiori tipologie di tè che è possibile trovare in commercio. Iniziamo subito dai colori!
Dalla mia esperienza la scelta del «colore» è la prima e più difficile quando ci si approccia al mondo del tè. Ebbene, parlare di «colore», in realtà, non è corretto ed è impreciso. Non è corretto perché non tutti i tè sono individuati in base al loro colore. Non è preciso perché il colore delle foglie è spesso diverso dal colore del liquore, sicché talvolta è possibile che uno stesso tè sia individuato con due colori (ad esempio, per gli occidentali il «tè nero» è quello che i cinesi usano individuare come «tè rosso»: i primi guardano il colore delle foglie, i secondi quello del liquore).
Tutto molto confuso, vero? Per fortuna esistono delle categorizzazioni convenzionali che, come tutte le convenzioni, però, sono più indicative che descrittive. Convenzionalmente, pertanto, (esclusi i tè profumati/aromatizzati) è possibile raggruppare la produzione mondiale di tè in sei categorie: tè bianchi, tè verdi, tè gialli, oolong, tè neri e pu’er.
I tè verdi, prodotti principalmente in Cina e in Giappone, sono tè «non fermentati» (in realtà con il termine «fermentazione» si fa riferimento a un processo di ossidazione delle foglie): le foglie sono raccolte, immediatamente fissate ed essiccate. Con la fissazione (detta «kill green») sono ‘disattivati’ gli enzimi responsabili del processo ossidativo, che è così inibito fin dall’inizio.
I tè neri, al contrario di quelli verdi, sono tè «fermentati». Come anticipato, con il termine «fermentazione» si fa riferimento a un processo di ossidazione. Durante l’ossidazione, le catechine sono convertite in teoflavine (responsabili dell’aroma) e teorubigine (responsabili del colore).
Gli oolong (o wulong) sono tè «semi-fermentati»: il processo di ossidazione di cui sopra è interrotto (kill-green) prima che il tè diventi nero (cioè prima che si ossidi del tutto).
I tè gialli, come i verdi, non sono fermentati: le foglie sono raccolte e fissate, ma prima di essere essiccate subiscono un processo di «ingiallimento» o «soffocamento»: sono chiuse in dei contenitori lievemente riscaldati.
I tè bianchi sono prodotti impiegando foglioline apicali raccolte prima della loro completa apertura. Le foglie sono raccolte e vengono essiccate. Non sono ossidate, né fissate.
I pu’er, infine, sono tè «post-fermentati». In realtà, a rigore, sono gli unici tè «davvero fermentati», in quanto – terminata la loro lavorazione – sono sottoposti a una vera e propria fermentazione microbica, grazie all’interazione di muffe, batteri e lieviti. Esistono due tipologie di pu’er: i pu’er crudi (raw o Sheng pu’er) e quelli cotti (ripened o Shou pu’er). I secondi subiscono un processo di ossidazione prima della fermentazione, i primi no. I pu’er, di solito, sono compressi per agevolarne la conservazione. Tutti i pu’er sono soggetti a invecchiamento dopo la produzione.