Guida breve al Gong fu cha

Il Gong fu cha è una tecnica tradizionale di estrazione del tè radicata in Cina e utilizzata, secondo diverse varianti, anche nei paesi limitrofi. Il Gong fu cha, di base, è una tecnica di estrazione multipla (v. la nota sulle tecniche di infusione): alto valore del rapporto foglie/acqua, brevi tempi di infusione e più infusioni.

I principali pregi del Gong fu cha sono indubbiamente: a) un elevato controllo sull’estrazione (modificando il rapporto foglie/acqua e/o i tempi di estrazione sarà possibile ottenere, dalle medesime foglie, diversi bilanciamenti cromatici, olfattivi e gustativi); b) un’esperienza multisensoriale (una sessione di Gong fu cha regalerà non soltanto piacere al nostro palato, ma saranno coinvolti anche gli altri sensi, quali il tatto, l’olfatto, la vista e l’udito); c) un momento di pieno relax (il Gong fu cha richiede tempo, attenzione e disciplina, ragione per cui non sarà possibile svolgere altra attività durante la sessione: ho iniziato a scrivere questo articolo durante una sessione di Gong fu cha e ho rovinato il tè perché l’ho lasciato in infusione per 4 volte il tempo necessario… mi sono distratto).

Quali sono gli svantaggi rispetto alla infusione occidentale? In verità non sono molti: richiede più tempo per la complessità della preparazione (e per lavare l’attrezzatura). Tuttavia, anche quando sono sotto esame (e anche dieci minuti sono preziosi) tento sempre di estrarre in Gong fu cha. Paradossalmente, sotto certi profili, è anche più comodo, in quanto ho la possibilità di bere un paio di shot di tè, ben caldi, tra una pausa e l’altra. In ogni caso, quando ho bisogno di una carica di caffeina e non ho neanche il tempo di ‘tirare fuori’ tutta l’attrezzatura, l’occidentale in tazza (che consiste in una infusione diretta in tazza grande) è l’unica strada realmente percorribile.

Occorrono più foglie? In realtà questo è un falso mito. È vero che il rapporto foglie/acqua è più elevato, ma è altrettanto vero che le infusioni sono molte di più (in numero) e l’acqua utilizzata per ogni infusione è ridotta. Faccio un esempio. Vogliamo preparare un tè nero cinese. Con il metodo dell’infusione diretta in tazza grande ci occorreranno circa 3 g di foglie per preparare, con una sola infusione (diretta), circa 300 ml di liquore. In Gong fu cha utilizzeremo circa 4 g di foglie per preparare circa 100 ml di liquore per 8 infusioni (il rapporto foglie/acqua e il numero di infusioni dipende dal tipo di tè utilizzato), dunque circa 800 ml totali (senza contare che ben potremmo conservare qualche infusione per il giorno successivo, riponendo adeguatamente le foglie utilizzate, ma ancora utilizzabili).

Passiamo alla preparazione! Per esigenze di sintesi (dato che la nota è già piuttosto lunga), riservandomi la possibilità di tornare sul tema con un apposito approfondimento, mi limiterò a descrivere un Gong fu cha ‘essenziale’, cioè limitato alla tecnica base e all’utilizzo degli strumenti strettamente necessari. Chiaramente il Gong fu cha c.d. essenziale è la variante più semplice e veloce della tecnica tradizionale, ma non per questo da sottovalutare, in quanto è comunque richiesto un certo grado di attenzione e disciplina nell’esecuzione.

Cosa occorre? Oltre al tè (già pesato) e all’acqua (quella buona), serve:

  1. una teiera da Gong fu cha: il Gaiwan (che consta di una tazza con coperchio, nella versione più semplice, e anche di un piattino, in quella completa) è senza dubbio la teiera da Gong fu cha più versatile e semplice da utilizzare. Solitamente un Gaiwan da 100 ml è perfetto per una o due persone;
  2. una Cha hai (c.d. fair cup): si tratta di un recipiente (munito di beccuccio), simile ad una piccola caraffa (di vetro, ceramica, porcellana o altro materiale) che ha l’utilità di ‘decantare’ il liquore estratto prima di berlo. La decantazione ha due effetti principali. Da un lato, miscela il liquore di testa (cioè il primo estratto) e quello di coda (ultimo estratto), in quanto, per quanto sia veloce l’estrazione (qui si intende la separazione fisica dell’acqua dalle foglie a seguito di una singola infusione), la coda del liquido di estrazione sarà sempre più forte e decisa di quella di testa. Dall’altro lato, oltre a essere favorita l’ossigenazione del liquore, ne sono notevolmente semplificate le operazioni di distribuzione;
  3. una (o più) tazzina(e) da Gong fu cha: tazzina(e) da assaggio (dai 15 ai 100 ml), solitamente in porcellana, ceramica o vetro;
  4. un filtro a maglie strette (opzionale): è sempre preferibile utilizzare un filtro a maglie strette al momento dell’estrazione (dalla taiera alla fair cup), per ottenere una perfetta separazione del liquore estratto dalle foglie di estrazione;
  5. un thermos o un bollitore con controllo della temperatura: rinviando alla precedente nota dedicata alle temperature di estrazione, poiché una sessione di Gong fu cha consta, di base, di più infusioni ravvicinate, è assai utile avere sempre a portata di mano dell’acqua alla temperatura giusta, per evitare di perdere più tempo davanti ai fornelli che non ‘alle prese con il nostro tè’.

Quali sono i passaggi fondamentali?

Anzitutto, bisogna pesare la quantità desiderata di foglie e riscaldare l’acqua (quella buona) alla giusta temperatura. Come anticipato, saranno saltati i passaggi non strettamente necessari.

Rinse. Lo ‘step‘ zero (di regola opzionale e non adatto a tutti i tipi di tè) è il risciacquo (c.d. rinse). Occorrerà porre le foglie asciutte nella teiera (ad es., il Gaiwan), versarvi l’acqua (riempiendo il Gaiwan circa per metà), chiudere e versare immediatamente il liquido nella fair cup (filtrando il liquore con l’apposito strumento, v. n. 4). Quindi il liquido del rinse potrà essere versato nelle tazzine e buttato o bevuto a seconda delle preferenze (di solito il liquore del rinse va buttato, avendo l’unica funzione di preparare le foglie all’estrazione vera e propria, riscaldare e profumare l’attrezzatura).

Prima infusione. Si passa dunque al primo step: l’infusione vera e propria. Il Gaiwan è riempito fino alla massima capacità (l’acqua non deve superare la linea immaginaria tracciata dal contorno del coperchio) e le foglie sono lasciate in estrazione per il tempo necessario (si v. la nota sui tempi di infusione). Il liquore è versato nella fair cup (filtrato con l’apposito strumento, v. n. 4) eppoi versato a sua volta nelle tazzine, per poter essere gustato.

Seconda infusione e infusioni successive. Le infusioni successive alla prima differiscono per un solo per un parametro: il tempo di infusione. Il tempo di infusione impiegato per la prima infusione dovrà essere allungato progressivamente (gli incrementi dipendono dal tipo di tè impiegato).

Terminata la sessione, le foglie, se esauste, potranno essere buttate, altrimenti, potranno essere conservate e impiegate nuovamente entro qualche giorno.

Differenti tecniche di lavorazione della Camellia sinensis

Avete scelto l’approfondimento sulle tipologie di tè! In realtà, più che un approfondimento, si tratterà di una breve introduzione sulle maggiori tipologie di tè che è possibile trovare in commercio. Iniziamo subito dai colori!

Dalla mia esperienza la scelta del «colore» è la prima e più difficile quando ci si approccia al mondo del tè. Ebbene, parlare di «colore», in realtà, non è corretto ed è impreciso. Non è corretto perché non tutti i tè sono individuati in base al loro colore. Non è preciso perché il colore delle foglie è spesso diverso dal colore del liquore, sicché talvolta è possibile che uno stesso tè sia individuato con due colori (ad esempio, per gli occidentali il «tè nero» è quello che i cinesi usano individuare come «tè rosso»: i primi guardano il colore delle foglie, i secondi quello del liquore).

Tutto molto confuso, vero? Per fortuna esistono delle categorizzazioni convenzionali che, come tutte le convenzioni, però, sono più indicative che descrittive. Convenzionalmente, pertanto, (esclusi i tè profumati/aromatizzati) è possibile raggruppare la produzione mondiale di tè in sei categorie: tè bianchi, tè verdi, tè gialli, oolong, tè neri e pu’er.

I tè verdi, prodotti principalmente in Cina e in Giappone, sono tè «non fermentati» (in realtà con il termine «fermentazione» si fa riferimento a un processo di ossidazione delle foglie): le foglie sono raccolte, immediatamente fissate ed essiccate. Con la fissazione (detta «kill green») sono ‘disattivati’ gli enzimi responsabili del processo ossidativo, che è così inibito fin dall’inizio.

I tè neri, al contrario di quelli verdi, sono tè «fermentati». Come anticipato, con il termine «fermentazione» si fa riferimento a un processo di ossidazione. Durante l’ossidazione, le catechine sono convertite in teoflavine (responsabili dell’aroma) e teorubigine (responsabili del colore).

Gli oolong (o wulong) sono tè «semi-fermentati»: il processo di ossidazione di cui sopra è interrotto (kill-green) prima che il tè diventi nero (cioè prima che si ossidi del tutto).

I tè gialli, come i verdi, non sono fermentati: le foglie sono raccolte e fissate, ma prima di essere essiccate subiscono un processo di «ingiallimento» o «soffocamento»: sono chiuse in dei contenitori lievemente riscaldati.

I tè bianchi sono prodotti impiegando foglioline apicali raccolte prima della loro completa apertura. Le foglie sono raccolte e vengono essiccate. Non sono ossidate, né fissate.

I pu’er, infine, sono tè «post-fermentati». In realtà, a rigore, sono gli unici tè «davvero fermentati», in quanto – terminata la loro lavorazione – sono sottoposti a una vera e propria fermentazione microbica, grazie all’interazione di muffe, batteri e lieviti. Esistono due tipologie di pu’er: i pu’er crudi (raw o Sheng pu’er) e quelli cotti (ripened o Shou pu’er). I secondi subiscono un processo di ossidazione prima della fermentazione, i primi no. I pu’er, di solito, sono compressi per agevolarne la conservazione. Tutti i pu’er sono soggetti a invecchiamento dopo la produzione.

Tecniche di infusione: considerazioni sommarie

Questa settimana era mia intenzione introdurre il tema delle tecniche di infusione. Come sapete il tè, salvo pochissime eccezioni (si pensi al matcha), deve essere estratto.

Le tecniche di estrazione del tè sono molteplici. Gli inglesi utilizzano un’ampia teiera, i francesi utilizzano la famosa «pressa», i turchi e i russi il samovar, i cinesi adoperano teiere minuscole, i giapponesi teiere di media grandezza e così via.

Nonostante la grande varietà di tecniche di estrazione, diffuse sia in oriente che in occidente, tutte sono grossomodo riconducibili a una fondamentale dicotomia, tradizionalmente ricondotta alla contrapposizione tra «metodo c.d. occidentale» e «metodo c.d. orientale». L’elemento discretivo è dato dal diverso valore del rapporto foglie/acqua.

Secondo il metodo occidentale il valore del rapporto foglie/acqua deve essere relativamente basso (circa di 1g ogni 100ml di acqua). Secondo il metodo orientale tale valore deve essere relativamente alto (circa 5g ogni 100ml di acqua).

Quali sono le conseguenze? Proverò a riassumerle brevemente.

1. Il basso valore del rapporto foglie/acqua tipico della tecnica occidentale risponde a un ideale di fondo: il tè va estratto in un’unica e lunga immersione (c.d. infusione singola). La filosofia orientale è diametralmente opposta: per valorizzare la complessità dello spettro aromatico di ogni tè è necessario scattare tante ‘istantanee’ delle stesse foglie (c.d. infusione multipla), per evitare che – per effetto di una lunga estrazione – le note aromatiche più deboli siano ‘sopraffatte’ da quelle più forti.

2. Più foglie significa meno tempo e più infusioni. Meno foglie significa più tempo e meno infusioni (anzi, spesso, un’unica infusione). È facile credere che il metodo orientale sia antieconomico. Non è così! Se, con il metodo occidentale, da 3g di foglie ricaverò una tazza abbondante di tè (da circa 300ml), con il metodo orientale, adoperando circa 5g di foglie, estrarrò almeno mezzo litro di tè e, se la qualità lo consente, anche un litro di liquore.

3. Con il metodo occidentale siamo indotti a bere un’unica grande tazza di tè. È tipico invece delle tecniche che fanno capo al metodo orientale servire il tè in tazzine molto piccole (dai 15 ai 60ml), pertanto non è insolito che durante un’unica sessione si bevano (di norma) dalle 8 alle 15 tazzine di tè!

Ancora sull’acqua: quantità, temperature e tempi di infusione

Il tema della settimana, come sapete, è l’acqua. Con questa seconda nota era mia intenzione chiudere sull’argomento accennando delle nozioni su dei temi che già sono stati oggetto di discussione in questo gruppo: quantità, temperature e tempi di infusione (mi soffermerò brevemente su ognuno, in quanto la trattazione completa necessiterebbe molto più spazio).

Iniziamo dalla quantità. Se pensavate che per preparare un tè «forte» fosse necessario aumentare il tempo di infusione o, peggio, la temperatura, sbagliavate di grosso! Per ottenere un tè più «forte» (che abbia lo stesso sapore, ma più intenso) bisogna aumentare il valore del rapporto foglie/acqua (cioè aumentare la quantità di foglie impiegata a parità di liquido ovvero l’inverso, cioè diminuire la quantità di liquido a parità di foglie impiegate). Potreste rispondermi che aumentando il tempo di infusione (tenendo fermo il rapporto foglie/acqua) il tè risulta comunque più forte e, in effetti, avreste ragione, ma il punto è che il sapore sarebbe diverso. Immaginate di avere un impianto stereo al massimo della sua potenza, ma ciononostante vogliate che la musica si senta più «forte», cosa fate? Aumentate i bassi (cioè il tempo di infusione). Il risultato? Avrete una pressione sonora effettivamente più forte (perché avrete estratto più sostanze), ma il suono risulterà probabilmente sbilanciato (perché avrete estratto troppe sostanze, tali da rendere confuse le percezioni aromatiche). Come ottenere quindi un suono più «potente» senza sbilanciare l’equalizzazione? C’è poco da fare, dovete mettere mano al portafogli e comprare un impianto più potente (aumentare la quantità di foglie).

Come avrete capito, l’acqua gioca un ruolo fondamentale nel processo di estrazione del tè. La temperatura di infusione è la temperatura dell’acqua durante l’estrazione e i tempi di infusione sono gli intervalli temporali durante i quali il tè è immerso nell’acqua di estrazione.

Partiamo dal primo parametro: la temperatura. Ogni tè, sebbene si tratti sempre di Camellia sinensis, ‘estrae’ le sue sostanze in modo diverso. Il tè verde, ad esempio, di norma estrae con molta facilità le catechine (principali responsabili dell’amaro), pertanto chi desidera gustare una tazza di tè verde ben bilanciata dovrà evitare che l’amaro prevalga su tutti gli altri sapori, sicché farà attenzione alla temperatura di infusione, dato che le catechine sono estratte più velocemente a temperature più elevate. Ogni tè, pertanto, ha la sua temperatura di infusione, fissata, in realtà, non seguendo una legge universale, ma sulla base dell’esperienza degli esperti di tè, in base ai loro gusti (pertanto le indicazioni sulla temperatura restano pur sempre delle indicazioni).

Mi appresto a concludere con i tempi di infusione. Ci sono sostanze che possono essere estratte soltanto superata una certa temperatura e sostanze che, semplicemente, sono estratte con più facilità superata una certa temperatura. Di conseguenza, anche prolungando l’infusione più del dovuto potremmo ottenere un liquore sbilanciato (non a caso la cura dei tempi di infusione sono alla base del Gong fu cha, cioè la tecnica cinese di infusione multipla del tè).

Sperando di non essermi dilungato eccessivamente, vi rinvio al file che girai qualche giorno fa per avere un quadro sintetico di alcune delle possibili combinazioni dei tre elementi che in questa nota ho sommariamente descritto.

Acqua e acque: una breve introduzione

Il tema della settimana è l’acqua. L’acqua è l’ingrediente principale del tè-bevanda, che in fin dei conti è una soluzione realizzata attraverso l’infusione. Per farla breve, l’acqua ha una funzione fondamentale nella preparazione del tè. Con una pessima acqua si otterrà probabilmente un pessimo tè.

Riporto una citazione, attribuita a Lu Yu, che – a prescindere dalla effettiva paternità – penso sia emblematica: «Il tè fatto con l’acqua dei torrenti montani è il migliore, l’acqua di fiume è adeguata, ma l’acqua dei pozzi è molto inferiore». L’acqua più indicata per le infusioni, infatti, è quella morbida, cioè con un basso residuo fisso (tipicamente morbide sono le acque raccolte ad alta quota). Acqua morbida, ma non distillata!

Un’elevata quantità di minerali disciolti (che è caratteristica delle acque dure) ha l’effetto di ridurre la portata estrattiva dell’acqua, mentre l’assenza assoluta di minerali (acqua distillata) ci restituirà un infuso piatto, in quanto i minerali giocano un ruolo fondamentale nella determinazione dell’aroma del liquore.

Pertanto, quando prepariamo il nostro tè scegliamo sempre un’acqua che sia – anzitutto – buona da bere, preferendo le acque raccolte ad alta quota (cioè naturalmente morbide). Per le mie infusioni in passato ho utilizzato la Sant’Anna (r.f. a 180°C: 22,0 mg/l), ma devo ammettere che attualmente preferisco la Levissima (r.f. 180°C: 80,5 mg/l), entrambe comunque con un residuo fisso inferiore a 100 mg/l, buone da bere e ottime per estrarre la Camellia sinensis.